Fonte: UIICIMtorino.it
Caratteristiche della musica medioevale e fonti di informazioni
Nel Medioevo la musica strumentale svolse un ruolo di gran lunga inferiore a quello della musica vocale.
Le cause di questo fenomeno possiamo riassumerle almeno in tre punti:
- l’assoluta supremazia del canto liturgico inteso come canto puro, senza accompagnamento;
- il sistema di scrittura musicale (neumatica) che poteva assolvere le esigenze del canto, ma non quelle più complesse della musica strumentale;
- la qualità strumentale (povertà di timbro e approssimativa intonazione) che rendeva problematico un dialogo tra strumenti di vario tipo e di vario genere.
Non esistevano perciò ensemble ed orchestre e la funzione degli strumentisti (menestrello, giullare) per molto tempo è stata semplicemente quella di suonare, all’unisono con il canto, un solo strumento: il più delle volte una viella o un flauto, altre volte un galoubet con tamburino e, dopo le crociate, anche un liuto.
Tuttavia, il Medioevo ha conosciuto un cospicuo numero di strumenti la cui esistenza ci è stata trasmessa, piuttosto che da reperti, da fonti letterarie e soprattutto da fonti iconografiche: affreschi, miniature, sculture, bassorilievi, vetrate, arazzi.
Una delle più significative fonti letterarie è l’opera Remède de Fortune del poeta e musicista francese Guillaume de Machaut (sec. XIV), nella quale vengono enumerati alcuni strumenti di varia natura quali viella; ribeca; citola; arpa; tromba; corno; flagioletto; flauto a tre buchi; cornamusa; naccheroni; tamburo.
Una miniera inesauribile di apparati organologici è data dai dipinti (affreschi e tavole) i cui soggetti, spesse volte, si riferiscono all’Incoronazione della Vergine, altre volte riguardano scene del Paradiso con le schiere angeliche, oppure riguardano genericamente delle “Maestà”, ovvero il soggetto della Madonna in trono alla quale fanno corona degli angeli musicanti.
Anche i portali delle cattedrali gotiche ci mostrano personaggi con strumenti musicali in mano.
Vero godimento dello sguardo sono le quarantuno miniature che illustrano altrettante Cantigas de loor (canti di lode) che compaiono sul codice maggiore (b. I. 2) nel Monastero dell’Escorial, delle Cantigas de Santa Maria, l’imponente raccolta di poesia cortese commissionata da Alfonso X “El Sabio”, re di Castiglia e Leòn.
Ventinove miniature mostrano coppie di suonatori che suonano uno stesso strumento (a corda, a fiato, ad arco, e percussioni); sei raffigurano un suonatore singolo di: viola media, concerto di campane, organo portativo, cetra, cornamusa grande, carillon di campanelli; infine altre sei miniature rappresentano coppie di strumentisti che suonano strumenti differenti, tra questi compare (nella cantiga n. 300) l’unica immagine di un tamburo a calice, chiamato darabukka o darbuka.
Dall’esame delle fonti iconografiche è possibile ricavare uno schema di massima delle varie epoche nelle quali compaiono sulla scena musicale gli strumenti più rappresentativi dell’Europa del tardo Medioevo.
Prima del sec. XI, fonti scritte ci attestano il riapparire in occidente (età carolingia: Pipino il Breve e Carlo Magno) dell’organo, erede pneumatico del più antico idraulis greco. Ma strumenti sicuramente in uso a quel tempo dovevano essere:
- Cetra; Citola; Salterio (a corda pizzicata)
- Gemshorn; Galoubet; Syringa, Corno (ad aria)
- Chalumeaux (ad ancia semplice)
Nel corso dei secoli XI e XII si affermano:
- Viella; Organistrum (ad arco e ad archetto circolare)
- Organo portativo (ad aria)
Con l’avvento del secolo XIII, la scena musicale si arricchisce ancora con:
- Arpa (a corda pizzicata)
- Ribeca; Symphonia (ad arco e ad archetto circolare)
- Tromba diritta (ad aria)
- Schalmei; Cornamusa (ad ancia doppia)